giovedì 10 settembre 2009

Green economy o economy al green ?


Solo soldi letteralmente gettati al vento

di Giorgio Prinzi

La "green economy" di Renato Soru ha messo in ginocchio la competitività dell'industria sarda. Ora gli oneri vengono scaricati sugli utenti e sulla collettività.

In una interpellanza al ministro per lo Sviluppo economico Claudio Scajola dello scorso 12 agosto i senatori del Partito Democratico Francesco Sanna, primo firmatario, Antonello Cabras, Gianpiero Scanu, Luciana Sbarbati e Achille Passoni hanno lamentato il fatto che in Sardegna l’energia elettrica costi quasi il doppio della media nazionale, 106,60 euro al megawattora (MWh) contro il valor medio di 60,50 euro al MWh con valore medio per il Sud di 52 euro al MWh.

Negli ultimi tre mesi del 2009 – affermavano gli interpellanti – il prezzo dell’energia ha avuto in Sardegna l’incredibile impennata di quasi 40 euro per MWh a fronte di una sostanziale stabilità nelle altre zone del Paese, attribuendo la causa al mancato ricorso al gas nella produzione isolana di energia elettrica.

Velocissima la risposta del Governo che è intervenuto con un provvedimento tampone. Giorno 18 agosto l’Autorità per l’energia elettrica e il gas ha approvato una delibera, firmata dal presidente Alessandro Ortis, che consentirà alle aziende energivore sarde di acquistare l’energia a costi concorrenziali, in attuazione del sistema della Vpp (Virtual Power Plant) previsto nella legge sullo sviluppo approvata dal parlamento il 23 luglio scorso. Per i prossimi cinque anni i due principali produttori d’energia presenti in Sardegna, Enel ed E.on dovranno cedere, attraverso un’asta pubblica, capacità produttiva virtuale non inferiore alla capacità necessaria a soddisfare su base annuale il 25% della domanda di energia elettrica nell’isola. Alla gara potranno partecipare tutti gli operatori del mercato che, anche indirettamente, esercitino attività di vendita ai clienti finali, ad eccezione di società collegate alle due produttrici.

Tutto a posto? Niente affatto. Si tratta in realtà di un provvedimento elusivo, per molti aspetti assistenzialistico, che non risolve il problema di fondo del costo del chilowattora in Sardegna, ma evita che esso penalizzi, creando disoccupazione, le aziende a grande intensità di energia fuori mercato con quei costi del chilowattora. Il problema non verrà risolto neppure dal ricorso al gas nella produzione termoelettrica in quanto differenziale tra costo di produzione con gas o con olio combustibile non è tale da rendere possibile l’abbattimento dei costi di produzione del chilowattora sardo nell’entità che sarebbe necessaria per un suo riallineamento, perché su esso gravano gli oneri di un massiccio ricorso alle cosiddette fonti rinnovabili, principalmente eolico, che generano il chilowattora ad un costo unitario più elevato. La responsabilità è fondamentalmente della precedente amministrazione di Renato Soru, impegnato in una corsa demagogica alle rinnovabili tanto da fissare come obbiettivo, in una dichiarazione a Caprera dello scorso 10 gennaio 2009, il raggiungimento dell’aliquota del 40% di chilowattora “ecologici” nel soddisfacimento del fabbisogno elettrico dell’Isola per l’anno 2013. L’attuale maggioranza ha semmai la colpa di non affrontare il problema nei suoi termini reali, timorosa di andare contro il presunto orientamento dell’opinione pubblica, che andrebbe invece correttamente informata invece che assecondata nelle sue radicate convinzioni.

Anche se i dati disponibili sono scarsi e di non agevole reperimento, siamo tuttavia riusciti a quantizzare numericamente la questione dell’elevato costo del chilowattora sardo. Cominciamo esaminando i costi di produzione secondo diverse fonti. La valutazione non è univoca, perché alcune voci che determinano il costo di produzione sono variabili, ad esempio costo del terreno e costo del denaro, o variabili nel tempo come il prezzo del combustibile. Per chi volesse comunque effettuare di persona i calcoli con i dati ritenuti più corretti suggeriamo di scaricare il “foglio di calcolo” alla pagina web http://www.giorgioprinzi.it/nucleare/rilli/tabella.htm.

Cominciamo comunque con il fornire al riguardo i dati ufficiali dell’Enel, che valuta il costo medio del chilowattora pari a 25 euro al megawattora (€/MWh) per il nucleare; 35 €/MWh per il carbone; 45÷50 €/MWh per il gas a ciclo combinato; 60÷70 €/MWh per l’olio combustile. E per le rinnovabili? Si ricorre ad un artificio; i dati vengono forniti in centesimi di euro al chilowattora, nello specifico per l’eolico pari a 13÷14 eurocent al kWh. Si gioca sulle diverse unità di misura per dare l’impressione di un più basso costo.

Se però facciamo la trasformazione dobbiamo prima moltiplicare per mille (un megawattora sono 1.000 chilowattora) il costo unitario al kWh, per cui un MWh eolico costa da 13.000 a 14.000 centesimo di euro, per cui dividendo per cento (un euro è composto da 100 centesimi) il megawattora eolico costa tra i 130 e i 140 euro, circa tre volte di quello a gas a ciclo combinato, quasi quattro volte di quello da carbone, circa cinque volte e mezzo di quello nucleare.

Questo sempre prendendo per oro colato i dati Enel, che proprio perché raggruppati in differenti tabelle lasciano adito al dubbio che i criteri di valutazione non siano i medesimi.

Richiamiamo inoltre l’attenzione dei lettori di questo forum sul fatto che, come specificato in un nostro precedente scritto di domenica 23 agosto 2009 dal titolo “L’ambientalismo estremista è una vera e propria religione animista e panteista”, la progressione della potenza erogata da questi apparati è funzione cubica della corrente aerea, con una fase critica proprio per velocità delle corrente aerea che cominciano a diventare interessanti. In questa sede aggiungiamo altre considerazioni su dati sempre da fonte Enel.

Un istogramma tipo della ventosità dei siti sardi riporta questi dati, che vanno commisurati con il numero della durata in ore di un anno (24 x 365 = 8760). Cominciamo dai tre metri al secondo (m/s) al di sotto dei quali le pale neppure girano. Spirano venti di 3÷4 m/s per circa 450 ore all’anno (la potenza erogata con quella intensità del vento da una eoloturbina di 90 metri di diametro della potenza di targa di 2.000 chilowatt è di solo una ventina di chilowatt; al riguardo vedere citato articolo); venti di 4÷5 m/s per circa 530 ore/anno; di 5÷6 m/s per circa 500 ore/anno; venti tra 6÷7 m/s circa 420 h/a; venti tra 7÷8 m/s per circa 390 h/a; tra 8÷9 m/s circa 290 h/a; tra i 9÷10 m/s 190 h/a; tra i 10÷11 m/s circa 120 h/a per scalare con legge logaritmica a partire da poche decine di ore l’anno proprio per quella velocità tra gli 11÷12 metri al secondo in cui gli apparati si avviano a regime ed erogano intorno la potenza di targa.

Concludiamo con dati al 31 dicembre 2007 relativi alla potenza installata in Sardegna che risulta di 4121 MW, dei quali 386,8 (il 9,4%) da rinnovabili, per oltre il 98% da rinnovabile eolico. L’energia totale prodotta risulta pari a 14.794,9 GWh, di cui 591,7 (circa il 4%) da fonte eolica. Tenendo presente l’impegno a sviluppare tale fonte dell’ex Governatore Renato Soru, ancora in carica nel primo trimestre (ed oltre) di quest’anno ben si comprende l’impennata del costo del chilowattora sardo, che non potrà essere recuperata (c’è anche da tenere conto degli ammortamenti di quanto già investito) con l’introduzione dei cicli a gas, il cui differenziale è di gran lunga inferiore di quello con l’eolico.

Non è una risposta neppure quella fornita dal Governo, che scarica sulla collettività la speculazione dei certificati verdi che orbitano sulle cosiddette rinnovabili, tra cui nel caso specifico della Sardegna l’eolico, o sull’utente il maggiore onere dei costi di produzione.

Per questo il Movimento d’Opinione ha intenzione di tornare sul tema dell’Energia con un altro convegno dedicato che chiarisca all’opinione pubblica, ma anche e soprattutto alla classe politica e agli operatori dell’informazione, i reali aspetti del problema.

Giorgio Prinzi

Roma: giovedì 10 settembre 2009



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