mercoledì 26 aprile 2017

ALITALIA :SE 16.000 MILIARDI DI LIRE VI SEMBRAN POCHI


DOPO UMBERTO  NORDIO 29 ANNI DI DILUVIO UNIVERSALE



Era una delle eccellenze italiane. A parte l'essere una delle compagnie aeree più sicure al mondo, se non la prima, ogni anno portava fior di miliardi di lire di utile alle casse nazionali.
A Romano PRODI quel presidente non andava bene; chissà ..... forse lo metteva in ombra. Sta di fatto che il 7 luglio del 1988 il comitato di presidenza dell' IRI gli tolse la fiducia. NORDIO si dimise il 18 luglio , dopo aver consegnato alla storia l'ultimo bilancio della sua presidenza con 221 miliardi di lire di utile netto.

Vennero dunque i presidenti e gli amministratori delegati bravi, quelli di PRODI e del suo successore all' IRI NOBILI.

Iniziano da quel giorno i brillanti bilanci in perdita che nel solo 1996, gli ANNI D' ORO , arriveranno a 1.300 miliardi di lire . 


Dopo quell' abbandono, iniziò la passerella alla Presidenza Alitalia dei migliori manager del paese. PRODI a far danni al governo ed in Europa; loro a impinguarsi di milionari stipendi e miliardari buchi di bilancio.




Dati societari

Consiglio d'amministrazione

Collegio sindacale

  • Corrado Gatti (presidente), Alessandro Cortesi, Gianluca Ponzellini (sindaci effettivi).
  • Giovanni Ghelfi, Maurizio Longhi (sindaci supplenti).


I NODI GIUNGONO AL PETTINE


Ma sull' esito ho i miei dubbi. Una predazione di  16.000 miliardi di lire non è stata ritenuti sufficiente se qualcuno ancora batte cassa per 400 milioni di euro ( 800 miliardi di lire ) di prestito ponte ( verso la vendita ? ) se non , addirittura, per mollare il cadavere direttamente al POPOLO BUE e continuare nel MAGNA MAGNA per altri 3/4 anni.

Nel frattempo, commemorata ieri la cacciata della GERMANIA dall' Italia, oggi LUFTHANSA è in avvicinamento per comprare il cadavere.

Il disegno è chiaro : agli invasori le aziende italiane, ai migranti il territorio !

W IL POPOLO BUE !



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martedì 8 ottobre 2013



Questo epilogo (perché di un vero epilogo si tratta) viene da lontano: da uno sciagurato 26 maggio 1988. Quel giorno nel comitato di presidenza dell'Iri, Romano Prodi, presidente, muove dure critiche a Umberto Nordio, il creatore dell'Alitalia moderna, una compagnia più forte di Air France e di Lufthansa. Il 7 luglio, il comitato stesso toglie la fiducia a Nordio. Il 18 luglio, quindi, di fronte al consiglio di amministrazione, Umberto Nordio si dimette, benché i 16 componenti del consiglio (compresi gli uomini Iri, eccetto Prodi) gli confermino la fiducia.
Gli succedono, come presidente, Carlo Verri, amministratore delegato e direttore generale del gruppo Zanussi, e, come amministratore delegato, Roberto Schisano, manager della Texas instrument. Verri durerà un mese, ucciso in un incidente stradale sull'autostrada Roma-Fiumicino. Nessuno dei due proviene dal settore aeronautico, come non vi proverranno molti successori a partire da Nanni Bisignani, fratello del più noto Luigi. Diversi dietrologi si misurarono nella spiegazione dei veri motivi dell'allontanamento di Nordio. Si disse di una particolare ostilità di Ciriaco De Mita nei suoi confronti a seguito dell'acquisto di numerosi DC9 Super80, della McDonnell Douglas (il costruttore di aeroplani che negli anni 70 aveva elargito cospicui tangenti a un misterioso «Antelope Kobler», intermediario italiano). Ma tutto rimase a livello di pettegolezzi di corridoio. Ciò che rimane incontrovertibile è che l'ultimo bilancio Alitalia (dopo tanti altri di segno positivo) del periodo Nordio si chiuse con un utile, dopo le tasse, di 221 miliardi di lire.
Per la cronaca, va ricordato che, dopo tanti cambi di management dovuti a Prodi e a Nobili, suo successore alla testa dell'Iri, non si ebbe più un segno positivo. Nel 1996 il passivo di bilancio fu di 1.300 miliardi di lire. Non c'è dubbio che l'innesto di manager senza esperienze specifiche nel settore aeronautico e il peso sempre più elevato dei partiti nelle politiche aziendali hanno condotto il vettore nazionale allo sfascio dell'ultimo decennio sino alla crisi di questi giorni. Certo l'idea che i dipendenti paghino per colpe non loro (anche non loro: chi ha frequentato gli scali internazionali Alitalia ha potuto notare quali distorsioni ci fossero nella gestione) è di sicuro ripugnante. Il fallimento dell'ultimo esperimento che ha visto in campo di Etihad Airways, compagnia degli Emirati Arabi con sede in Abu Dhabi, è particolarmente doloroso: sembrava infatti che fosse la volta buona. Inserita in un network virtuoso anche l'Alitalia avrebbe trovato il terreno per recuperare redditività ed efficienza.
Così non è stato. Le ragioni emergeranno. Ma ora, hic et nunc, il «No» dei dipendenti (manifestazione di cosmico autolesionismo) ha il medesimo peso, ma di segno opposto della famosa marcia dei 40 mila che si tenne a Torino il 14 ottobre 1980, per rivendicare il diritto di lavorare contro i gruppi eversivi che impedivano alla Fiat di andare avanti. Questo voto del personale Alitalia significa scegliere la morte dell'azienda e, con essa, la cessazione del lavoro che in essa veniva svolto. L'agonia non sarà breve e troverà il suo epilogo in prossimità delle elezioni: tutta acqua per l'orto grillino. Ieri abbiamo scritto che il giocattolo Italia s'è rotto. Nessuna testimonianza è così pregnante come l'Alitalia.

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